Il Delta del Danubio, in Romania, è Patrimonio dell’Umanità UNESCO dal 1991. Situato all’incrocio di importanti rotte migratorie, presenta in alcuni periodi dell’anno altissime concentrazioni di uccelli di moltissime specie, anche rare: la ricchezza biologica delle acque offre ampie possibilità di nutrimento, mentre lanche, isolotti e canneti costituiscono microambienti molto diversificati consentendo a ogni specie di trovare il proprio habitat d’elezione. Oltre agli uccelli, altri gruppi animali sono presenti nel Delta del Danubio, facendone una delle zone più importanti al mondo per la diversità biologica.
Fin dai tempi più remoti, il Danubio (che nasce dall’unione del Breg e del Brigagh e che scorre per 2860 km fino al Mar Nero) è stato uno dei corsi d’acqua più apprezzati. I vari nami con cui è stato battezzato nel corso dei secoli dimostrano la sua popolarità: Istros nei racconti egizi, Phisos per i fenici, Danare per i traci e Danubius o Ister per i romani. Le navi fenicie, le triremi greche, le galere romane, le caravelle genovesi, i galeoni veneziani, i velieri bizantini, i caicchi turchi ne hanno solcato le acque, navigabili per la maggior parte del corso, molto prima che giungessero le chiatte, i rimorchiatori e le altre imbarcazioni moderne che oggi lo percorrono.
Nonostante l’abbondanza di acqua, il tratto finale, ovvero il Delta, presenta problemi di navigabilità legati alla conformazione geografica che nell’antichità erano difficili da risolvere: le descrizioni arrivate fino a noi sono perciò solitamente poco precise. Erodoto, Eratostene e Polibio sostenevano che il Delta fosse formato da 5 rami, secondo Strabone da 7, mentre per Plinio il Vecchio i rami erano 6. Chi aveva ragione? Impossibile stabilirlo. In duemila anni, infatti, il tratto finale del Danubio ha conosciuto notevoli cambiamenti naturali, molto lenti nel passato, ma che hanno subito un’accelerazione dal 1984, quando venne inaugurato un canale navigabile lungo 65 km che collega la regione della Dobrugia con il porto di Agigea, a sud di Costanza. Se da una parte il canale ha favorito il commercio, dall’altra ha rotto l’equlibrio degli ecosistemi presenti nel Delta, quello d’acqua dolce, quello salmastro e quello marino.

Un fiume, dalle sorgenti montane fino alla foce, perde progressivamente quota e velocità. Nel tratto finale, quando scivola dolcemente lungo le pianure, entrano in azione due agenti contrapposti che tendono a neutralizzarsi: il mare e il fiume stesso. Il risultato di questo conflitto è che i detriti trasportati dal fiumesi depositano lentamente sul fondo, formando piccoli isolotti in continua crescita. Poiché il primo si viene a formare nel mezzo del letto, il fiume si divide in due rami che si separano, formando un angolo a 45°. Con il trascorrere del tempo, fra i due rami si formano canali e nuove ramificazioni che, espandendosi verso il mare, danno origine a una striscia di terra parallela alla linea della costa: il risultato finale è simile a un triangolo equilatero, con il vertice nel centro del letto del fiume e la base perpendicolare alla direzione delle acque. Tale forma ricorda la lettera delta maiuscola dell’alfabeto greco: per questa ragione, a questo tipo di foce si dà il nome di delta.
Il Danubio, nel punto in cui i primi due rami si separano, ha una portata di 6300 metri cubi al secondo e trascina 2 tonnellate di materiale in sospensione al secondo: ciò significa che più di un milione di tonnelate si depositano settimanalmente nel tratto finale, provocando un’avanzata del Delta verso il mare di 45 metri all’anno.

I principali corsi d’acqua del Delta sono le due ramificazioni del Danubio: il Chilia, che delimita il confine con l’Ucraina,e il Tulcea, che si biforca immediatamente in due rami, il Sulina e lo Sfintu Gheorghe. Oltre alle ramificazioni principali, possiamo considerare parte del Delta anche una rete idrografica secondaria formata da 4 elementi: i sahale (vecchie diramazioni in fase di stagnazione), i girle (sahale di minori dimensioni), i periboine (estuari costieri, ovvero le bocche per mezzo delle quali sfocia il Danubio) e le depressioni invase dall’acqua, di diverse dimensioni e profondità.
Gli apporti delle alluvioni uniti all’azione del vento hanno dato vita a un sistema di dune di modesta altezza, ricoperte da abbondante vegetazione, nel quale si concentrano la maggior parte delle forme di vita del Delta. Il più grande di questi è il Letea, con una superficie di 17 mila ettari.

Tra le oltre 1200 specie di piante classificate citiamo quelle a foglia galleggiante (ninfea bianca, nannufaro o ninfea gialla, morso di rana). Sono numerosi i boschi di ontani, roveri e frassini, sebbene la vegetazione più abbondante sia rappresentata dalle giuncacee (canne di palude e tife).
La vera ricchezza dell’area è, comunque, data dagli uccelli. La spiegazione sta nel fatto che il Delta del Danubio, per la sua posizione geografica a 45° di latitudine, si trova a metà strada tra il Polo Nord e l’Equatore. Qui 250 specie di uccelli migratori possono riposare e alimentarsi prima di riprendere il loro viaggio. Oltre agli uccelli acquatici europei, nel Delta sono presenti esemplari di specie asiatiche e orientali di rapaci e di altri gruppi, come l’aquila di mare, l’aquila anatraia minore e il falco sacro.
Per quanto riguarda i pesci, sono stati classificate nella zona 110 specie, una trentina delle quali è esclusiva delle acque del Delta. Citiamo gli storioni.
Tra i rettili più interessanti ci sono la lucertola dei Balcani, la lucertola di prato, lo pseudopo, l’ablefaro di Pannonia e la vipera del corno.