Il Parco Nazionale di Hortobágy, in Ungheria, è Patrimonio dell’Umanità UNESCO dal 1999. L’ambiente naturale della puszta di Hortobágy è quello di una sterminata steppa a erbe basse, interrotta da zone umide, stagni e acquitrini e ravvivata qua e là da lembi residui di bosco. Al valore paesaggistico e naturalistico si affianca quello culturale, con gli usi, i costumi e il folklore dei pastori della puszta.
La sterminata pianura pannonica ebbe origine nell’era quaternaria attraverso le alterne vicende climatiche e il dinamismo dei fiumi, giungendo a formare una steppa boscosa cosparsa di foreste e paludi. Ma dall’era cristiana in poi l’uomo iniziò la trasformazione di questo ambiente, facendo sviluppare una caratteristica steppa ad erbe corte, la puszta. Questa è ormai ovunque trasformata e alterata, ma vi è un luogo dove conserva gran parte delle proprie prerogative: Hortobágy.
Qui, dopo le invasioni mongole del XIII sec. e la dominazione turca del XVI e XVII sec., l’intera regione rimase disboscata e spopolata: divenne allora il regno esclusivo dei pastori, che vi tenevano greggi immense di pecore, cavalli, buoi, maiali, grazie al terreno reso fertile dalle periodiche inondazioni del fiume Tibisco, la Tisza degli ungheresi.
Quando il corso d’acqua venne regimato (1840), le tradizioni e la manifestazioni della cultura sembrarono sul punto di scomparire, sofraffatte dall’aridità e dalla durezza dell’ambiente: ma poi, grazie all’irrigazione, rifiorirono spontaneamente, perpetuando l’atmosfera tipica e selvaggia della puszta.

Un simile straordinario complesso di elementi naturali e culturali è stato garantito attraverso l’istituzione del Parco Nazionale di Hortobágy (1973). L’area protetta, di circa 65 mila ettari, è meta ogni anno di centinaia di migliaia di visitatori, attratti dalla bellezza del paesaggio e dai voli suggestivi delle oche selvatiche e delle gru.
Grande importanza viene attribuita anche al folklore locale, con usi e tradizioni di notevole spessore culturale, e all’allevamento di molte singolari razze di animali domestici, tra cui la pecora racka dalle lunghe corna a spirale e dal vello lanoso, che si dice sia la razza di ovini più antica del mondo.

La pianura di Hortobágy, un territorio sconfinato di circa 2300 kmq, è la più piatta delle regioni situate lungo il medio corso del Tibisco, in gran parte esposta alle esondazioni di questo irrequieto fiume. L’aspetto generale è quello di un’immensa piana erbosa punteggiata da stagni e laghi, paludi e boschetti. Transitano qua e là nelle varie ore del giorno mandrie di pecore, buoi, cavalli semibradi, sorvegliati da pastori in costume tradizionale.
Le uniche elevazioni emergenti sono tumuli e dune, in gran parte di origine artificiale, eretti anticamente come sepolture od osservatori. A parte questo, solo i boschi e gli acquitrini residui movimentano un po’ il paesaggio, che visto dall’alto appare come un grandioso tappeto colorato: il giallo dei pascoli riarsi d’estate, il verde scuro delle zone umide e il verde chiaro dei lembi di foresta.
Flora e fauna non offrono molte specie, ma in compenso ciascuna di esse è rappresentata da numerosi individui. La composizione della flora è piuttosto eterogenea, perché alle entità originarie del bacino del Mar Nero e tipiche della puszta si mescolano quelle balcaniche e mediterranee. Nei rami morti del Tibisco, dove si formano stagni, canali e valli di pesca, le acque sono ricoperte da una trauma di vegetazione galleggiante: è il limnantemo dei fiori gialli, che forma estesi tappeti verdi, su cui spiccano i fiori bianchi della ninfea. Altrove si incontrano estesi canneti e scirpeti con la caratteristica stancia.
Nelle zone asciutte la steppa vera e propria offre: salvia austriaca, garofanello ungherese, flomide tuberosa, verbasco violetto. Nelle piccole depressioni umide prosperano l’artemisia marittima, la camomilla, l’achillea sericea e molte altre essenze. Infine lungo le sponde del Tibisco vegetano i residui delle formazioni riparie di un tempo, con lembi di selva a salice, pioppo frassino, olmo, mentre nei punti più asciutti si notano avanzi di querceti abbellitti dalla presenza dell’acero tartaro.

Passiamo ora alla fauna. Le specie di mammiferi più vistose sono: cinghiale, tasso, gatto selvatico, lontra e ondatra, o topo muschiato, di origine americana. Vi sono anche ricci, citelli, ermellini, donnole e le endemiche puzzole della steppa.
Molto più varia è l’avifauna. Tra gli uccelli acquatici troviamo: airone bianco maggiore, rosso e cenerino; cigno selvatico e minore; nitticora e sgarza ciuffetto, spatola, cicogna nera, taabuso e tarabusino; svassi, folaghe, gabbiani, casarca, volpoca, mignattini e oche lombardelle, minori e collorosso. Nelle steppe asciutte e umide vivono: otarda, gru, occhione, pernice di mare, calandrella ungherese. Dalla tundra provengono stagionalmente: zigolo delle nevi, zigolo di Lapponia, allodola golagialla. Anche i rapaci sono presenti in gran numero: falco, cuculo, smeriglio, poiana codabianca, falco di palude, aquila di mare, gufo di palude.
Nel Parco abbondano infine rettili, anfibi e pesci, ma anche crostacei, molluschi e insetti.